La storia di Gianpaolo e la sua lotta contro la Charcot-Marie-Tooth 2A
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Una diagnosi non cambia chi sei ma può cambiare cosa scegli di fare
«Io non voglio solo raccontare la mia storia. Voglio trasformarla in qualcosa che serva anche agli altri».
È così che è iniziata la chiacchierata con Gianpaolo Vinciguerra. Nessun preambolo, nessun giro di parole. Fin dai primi minuti è stato chiaro che davanti a noi c’era una persona determinata, concreta, che alle parole dà il giusto peso e le usa per costruire, anche quando parlano di dolore.
Gianpaolo ha 44 anni, vive a Olbia, ha una famiglia e una lunga storia alle spalle, fatta di ricerca, ostacoli e trasformazioni. La sua è una di quelle vite in cui la malattia non arriva all’improvviso, ma c’è da sempre, in sottofondo, prima ancora di avere un nome. È cresciuto con dei segnali – primo fra tutti una forte difficoltà nella deambulazione – che all’epoca non erano stati collegati a nulla di preciso. Anche sua madre aveva avuto gli stessi problemi. «Era stata operata per piedi cavi» ci racconta, ma nessuno aveva mai pensato che potesse trattarsi di una patologia genetica. Nessun medico glielo aveva mai detto. Quando suo fratello maggiore iniziò a camminare con fatica, si ipotizzò che stesse semplicemente “imitando” la mamma. Solo anni dopo sarebbe emersa la verità: la madre era portatrice di una neuropatia ereditaria e i suoi figli avevano ereditato la stessa mutazione.
Ma per arrivare a questa diagnosi ci sono voluti anni. Tante visite, istituti diversi, una lunga trafila fatta di attese e ipotesi sbagliate. La diagnosi esatta è arrivata quando Gianpaolo aveva già 28 anni. Solo allora si è potuto dare un nome a tutto: Charcot-Marie-Tooth di tipo 2A (CMT2A), una neuropatia genetica causata da un difetto della Mitofusina 2, una proteina fondamentale per il corretto funzionamento delle cellule nervose. Una malattia che, pur rientrando tra le patologie rare, oggi è meno rara di quanto si creda. Molti casi, infatti, non vengono diagnosticati per mancanza di informazione oppure vengono confusi con altre condizioni.
«Sapere cos’avevo non ha risolto tutto, ma ha cambiato tutto» racconta Gianpaolo. Perché avere una diagnosi vuol dire orientarsi, capire su cosa si può agire, a chi rivolgersi, come proteggere il proprio futuro. La rabbia che per anni era stata una compagna quotidiana ha cominciato a trasformarsi. Non a sparire, ma a prendere un’altra forma. «La rabbia può essere una buona motivatrice, ma è una pessima consigliera» ci spiega. E così, passo dopo passo, Gianpaolo ha deciso di cambiare la traiettoria della sua vita. Di non subire più, ma di trasformare. Ha scelto di lottare, per sé e per gli altri, contro pregiudizi, ostacoli burocratici e barriere architettoniche: battaglie quotidiane per i diritti di chi, come lui, convive con una disabilità visibile o invisibile.
In quegli anni si era trasferito a Olbia per lavoro: operava nel settore aeronautico, occupandosi prima del supporto ai passeggeri e delle attività di back office, poi anche di pricing e strategie commerciali. Da lì è cominciata una nuova fase: la costruzione di una famiglia con sua moglie Simona, ma anche un percorso personale e professionale che lo ha portato a formarsi nel campo della comunicazione, della programmazione neurolinguistica e del coaching. Oggi è un mental coach professionista e il suo lavoro è quello di accompagnare le persone verso i propri obiettivi, proprio come ha fatto lui con sé stesso. Ha deciso di conoscere la sua malattia da vicino, di affrontarla, ma soprattutto di non lasciarsi definire da essa. E ha voluto fare lo stesso per gli altri.
«A un certo punto ho capito che il mondo ti risponde in base a quello che gli chiedi. E se vuoi davvero cambiare qualcosa, devi essere disposto a metterti in discussione anche tu».
Da questa consapevolezza è nato il suo desiderio più grande: restituire. Dire grazie a chi, con la ricerca e la scienza, gli ha permesso di dare un nome alla sua patologia, di comprendere e proteggere il suo futuro.
Per questo, Gianpaolo ha scelto di mettersi in gioco e organizzare un evento aperto a tutti che si terrà il prossimo 17 ottobre ore 17.00 presso la sala dell’Aeroporto di Olbia. L’appuntamento avrà un duplice scopo: accendere i riflettori su una patologia ancora poco conosciuta – la CMT2A – e raccogliere fondi a sostegno della ricerca scientifica. L’iniziativa è nata grazie al supporto e la collaborazione dell’Associazione Profetto Mitofusina e di numerose persone e realtà locali, prime fra tutte Geasar che ha messo a disposizione la location e ha sostenuto con convinzione la realizzazione dell’evento.
Durante l’incontro, Gianpaolo condividerà in prima persona il suo percorso: l’infanzia segnata da una patologia non diagnosticata, la rabbia trasformata in motivazione, la scelta di formarsi e aiutare gli altri, la costruzione della propria vita nonostante – e grazie – alla malattia. Accanto a lui, due ospiti d’eccezione: la Prof.ssa Stefania Corti, responsabile del laboratorio di cellule staminali neurali del nostro “Centro Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano – Ospedale Policlinico, e la Dr.ssa Federica Rizzo, ricercatrice. Due figure chiave della ricerca in Italia su questa patologia, che offriranno una panoramica sugli ultimi progressi scientifici nel trattamento della CMT2A e delle patologie affini.
«Non possiamo continuare a pensare che le malattie rare siano qualcosa che riguarda pochi. Sono in aumento, ma spesso non vengono riconosciute e tante diagnosi ancora oggi arrivano troppo tardi. Serve informazione, serve ricerca, serve sostegno». E questa, oggi, è la sua battaglia. Non una battaglia contro qualcosa, maper qualcosa. Per un futuro con più risposte, più consapevolezza, più possibilità. Perché il cambiamento inizia proprio da qui.
L’evento prevede uncontributo di 20 euro, che sarà interamente devoluto al nostro “Centro Dino Ferrari” in sostegno del progetto di ricerca Mitofusina 2. Per registrarsi e donare: CLICCARE QUI
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