La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa progressiva e irreversibile che rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione anziana. Si caratterizza per un declino progressivo delle funzioni cognitive, primariamente della memoria, anche di altre capacità funzionali, come l’orientamento e il linguaggio, con un impatto significativo sulla qualità della vita del paziente e dei suoi familiari. La malattia interessa circa 47 milioni di persone nel mondo, soprattutto di sesso femminile, con un rapporto di circa 2:1 rispetto al sesso maschile. Dopo i 60 anni di età la prevalenza raddoppia ogni decade.
L’eziologia della malattia di Alzheimer è multifattoriale. Il principale marcatore patologico è l’accumulo di placche di beta-amiloide e grovigli di proteina tau iperfosforilata nel cervello, che determinano la progressiva perdita di neuroni e sinapsi. Fattori genetici, come mutazioni nei geni APP, PSEN1 e PSEN2, causano forme ereditarie precoci, mentre l’allele APOE-ε4 aumenta il rischio di forme sporadiche. Fattori metabolici (ipertensione, diabete, obesità, fumo e sedentarietà), infiammatori e autoimmuni contribuiscono al danno neuronale, accelerando il declino cognitivo.
La malattia di Alzheimer si manifesta con un declino cognitivo progressivamente ingravescente. I primi sintomi includono una lieve perdita di memoria recente e delle difficoltà nell’orientamento. Con il tempo, emergono anche deficit nel linguaggio, alterazioni del comportamento, difficoltà motorie e perdita di autonomia. Nelle fasi avanzate, il paziente diventa completamente dipendente, con compromissione delle funzioni vitali, oltre a presentare difficoltà nella deglutizione e nella comunicazione.
Esistono anche delle varianti cliniche atipiche della malattia che comprendono la variante frontale, l’afasia primaria progressiva variante logopenica e l’atrofia corticale posteriore, che si manifestano con sintomi differenti rispetto alla forma classica.
La diagnosi della malattia di Alzheimer si basa sulla valutazione neurologica, sui test neuropsicologici e su indagini strumentali. I test neuropsicologici sono fondamentali per valutare e monitorare nel tempo il declino cognitivo, mentre la risonanza magnetica (RMN) e la tomografia a emissione di positroni (PET) con FDG permettono di valutare – rispettivamente – zone di atrofia e ipometabolismo cerebrale. La puntura lombare e la PET con tracciante per l’amiloide permettono infine di evidenziare un accumulo di β-amiloide e sono molto importanti per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer.
Attualmente non esiste una cura per la malattia di Alzheimer, ma le terapie mirano a rallentarne la progressione e migliorare la qualità di vita. Tra questi i farmaci utilizzati sono gli inibitori dell’acetilcolinesterasi (donepezil e rivastigmina) e la memantina, un antagonista del NMDA.
Nuovi farmaci, come lecanemab e donanemab, sono anticorpi monoclonali anti-amiloide che mirano a ridurre i depositi di β-amiloide nel cervello, rallentando la progressione dell’Alzheimer. Questi farmaci sono già stati approvati in alcuni Paesi per alcune forme precoci della malattia.
Dott. Andrea Arighi
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Link a pubblicazioni scientifiche o risorse utili
https://www.policlinico.mi.it/centri-di-riferimento/4/centro-per-disturbi-cognitivi-e-demenze-cdcd