Atrofia Multisistemica (MSA)

L’atrofia multisistemica (MSA) è una malattia neurodegenerativa rara che insorge tipicamente nell’età adulta, con un’età media di esordio compresa tra i 55 e i 60 anni. Si caratterizza per il coinvolgimento simultaneo di più sistemi del sistema nervoso centrale. Il tratto distintivo che orienta alla diagnosi è la disfunzione del sistema nervoso autonomo. Sono stati identificati due sottotipi clinici principali: la forma MSA-P, caratterizzata da una prevalenza di sintomi parkinsoniani ed è più comune nei Paesi occidentali; e la forma MSA-C, in cui predominano i disturbi cerebellari, maggiormente diffusa in Asia orientale.

L’origine della MSA resta in gran parte sconosciuta. A differenza della malattia di Parkinson, dove gli aggregati di alfa-sinucleina si accumulano all’interno dei neuroni, nella MSA tali aggregati si depositano prevalentemente negli oligodendrociti, formando strutture anomale chiamate corpi gliali intracitoplasmatici (o corpi di Papp-Lantos). Questo processo porta alla degenerazione di circuiti chiave come il sistema nigrostriatale e le vie ponto-cerebellari. Il contributo genetico alla malattia è ancora incerto: il gene COQ2, coinvolto nella sintesi del coenzima Q10, è stato associato ad alcune forme familiari di MSA, ma i dati disponibili sono ancora controversi e non conclusivi.

La presentazione clinica della MSA è eterogenea e dipende dal sottotipo predominante, ma in generale si riscontrano sintomi autonomici significativi come ipotensione ortostatica sintomatica, sincopi, stipsi marcata e disturbi della funzione vescicale. A questi si affiancano sintomi neurologici che possono includere un parkinsonismo scarsamente responsivo alla levodopa, segni cerebellari come instabilità e disartria, disturbi respiratori notturni (tra cui il tipico stridore laringeo) e segnali di compromissione del sistema piramidale.

La diagnosi di MSA si basa su criteri clinici internazionalmente riconosciuti. Per formulare una diagnosi di MSA probabile, è necessaria la presenza di una grave disfunzione autonomica — per esempio disfunzione urinaria o del controllo pressorio (diminuzione di almeno 30 mmHg della pressione sistolica o 15 mmHg della diastolica dopo 3 minuti in ortostatismo) — associata a parkinsonismo atipico (non responsivo o scarsamente responsivo alla levodopa) oppure a evidenti segni cerebellari, come atassia o incoordinazione motoria. L’imaging cerebrale, in particolare la risonanza magnetica (RM) dell’encefalo, rappresenta un importante supporto diagnostico. Tra i reperti più indicativi si possono osservare atrofia del putamen e del cervelletto, segno “hot-cross bun” a livello del ponte e alterazioni del segnale nei peduncoli cerebellari medi. Sebbene nessun esame sia di per sé definitivo, la combinazione di segni clinici e reperti neuroradiologici può indirizzare con buona accuratezza verso la diagnosi.

Terapie disponibili

Attualmente non esistono trattamenti in grado di modificare il decorso naturale della MSA. La gestione terapeutica è pertanto sintomatica e mira a migliorare la qualità della vita dei pazienti. Alcuni soggetti con la forma parkinsoniana (MSA-P) possono inizialmente rispondere alla levodopa, sebbene in maniera meno marcata rispetto alla malattia di Parkinson. Inoltre, è frequente lo sviluppo precoce di effetti collaterali, come discinesie, distonie oro-facciali e un possibile peggioramento della disautonomia.

Il trattamento dei sintomi autonomici richiede un approccio mirato e multidisciplinare: la gestione dell’ipotensione ortostatica può includere misure comportamentali, farmacologiche (fludrocortisone, midodrina) e supporti meccanici (calze contenitive), mentre i disturbi urinari e della motilità intestinale vengono affrontati con terapie specifiche e personalizzate. La presa in carico riabilitativa (fisioterapia, logopedia, terapia occupazionale) è essenziale per mantenere il più a lungo possibile l’autonomia funzionale del paziente.

Ricerca in corso

Il team per la ricerca dei disturbi del movimento del Centro Dino Ferrari sta effettuando ricerche di base per capire i meccanismi patogenetici della malattia Atrofia Multisistemica.
Sono attivi dal 2018 trial sperimentali per trovare possibili nuove terapie per l’MSA.
I progetti cellulari sono basati prevalentemente sulla generazione di organoidi striatali derivati da cellule staminali pluripotenti indotte per valutare i meccanismi di formazione di inclusioni e le possibili terapie

Contatti e approfondimenti

Dott. Alessio Di Fonzo