Malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa progressiva, descritta per la prima volta nel 1817 dal medico inglese James Parkinson nel suo celebre trattato “An Essay on the Shaking Palsy”. Dopo l’Alzheimer, è la seconda malattia neurodegenerativa più diffusa al mondo. Si stima che colpisca circa 11,77 milioni di persone nel mondo nel 2021, con una prevalenza che aumenta con l’età, interessando circa l’1% della popolazione sopra i 60 anni.

Negli ultimi vent’anni, la ricerca ha fatto importanti progressi nella comprensione delle cause della malattia di Parkinson. Sono state identificate mutazioni genetiche responsabili di forme familiari, dette monogeniche, e varianti che aumentano il rischio di sviluppare la forma sporadica. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, l’origine della malattia è multifattoriale, risultante dall’interazione complessa tra predisposizione genetica, fattori ambientali e invecchiamento cerebrale. Un elemento chiave nei meccanismi alla base della malattia è l’accumulo anomalo di una proteina chiamata alfa-sinucleina, che tende ad aggregarsi all’interno dei neuroni in strutture note come corpi di Lewy. Questo processo è considerato uno degli eventi centrali nella degenerazione delle cellule nervose che caratterizza la malattia di Parkinson.

I sintomi principali della malattia di Parkinson riguardano il controllo dei movimenti e includono tremore a riposo, rigidità muscolare, lentezza nell’esecuzione dei movimenti (bradicinesia) e una progressiva instabilità posturale. L’esordio può variare notevolmente da persona a persona, ma in molti casi si manifesta in modo asimmetrico e intorno ai 60-70 anni di età. Esistono tuttavia anche forme giovanili, che iniziano prima dei 50 anni.

Oltre ai sintomi motori, sono molto comuni anche le manifestazioni non motorie, che spesso precedono l’esordio clinico vero e proprio. Tra queste rientrano la riduzione dell’olfatto, i disturbi del sonno (come insonnia, sonno frammentato o comportamenti motori anomali durante il sonno REM), la stipsi cronica e una varietà di disturbi cognitivi, visivi e comportamentali che possono influire significativamente sulla qualità della vita.

La diagnosi della malattia di Parkinson è principalmente clinica e si basa sull’osservazione della bradicinesia, ovvero una lentezza nei movimenti volontari, che rappresenta un criterio imprescindibile. Per porre la diagnosi, la bradicinesia deve essere associata ad almeno un altro segno caratteristico, come il tremore a riposo, la rigidità muscolare o l’instabilità posturale. L’inquadramento diagnostico si completa con un’attenta valutazione neurologica e, nei casi meno chiari, può essere supportato da esami strumentali come la SPECT DaTSCAN, utile a valutare l’integrità del sistema dopaminergico. In situazioni selezionate, si ricorre anche a test genetici o a biomarcatori emergenti, con l’obiettivo di giungere a una diagnosi più precoce e precisa.

Terapie disponibili

Attualmente non esistono cure in grado di arrestare o invertire la progressione della malattia di Parkinson, ma i trattamenti disponibili sono efficaci nel migliorare in modo significativo i sintomi, sia motori che non motori. La terapia farmacologica si basa principalmente sull’uso di farmaci dopaminergici, tra cui la levodopa, i dopaminoagonisti e gli inibitori enzimatici che ne potenziano l’efficacia o ne prolungano l’azione. Nei casi selezionati, in particolare quando i farmaci da soli non riescono più a controllare adeguatamente i sintomi, può essere indicata la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS), una procedura neurochirurgica che consente di modulare l’attività di specifiche aree cerebrali coinvolte nel controllo del movimento. A queste strategie si affiancano gli interventi riabilitativi, che comprendono la fisioterapia, la logopedia e il supporto psicologico, fondamentali per mantenere l’autonomia e la qualità della vita.

La ricerca scientifica è oggi fortemente impegnata nello sviluppo di terapie capaci di modificare il decorso della malattia. Tra le più promettenti si annoverano gli anticorpi monoclonali diretti contro l’alfa-sinucleina, le terapie geniche e i trattamenti farmacologici mirati a specifici meccanismi molecolari implicati nei processi neurodegenerativi.

Ricerca in corso

  • Studi genetici per comprendere meglio il ruolo dei fattori ereditari nella malattia.
  • Studi su modelli cellulari neuronali, tipo organoidi mesencefalici, da cellule staminali pluripotenti indotte per chiarire i meccanismi patogenetici coinvolti nello sviluppo e nel progredire della malattia
  • Identificazione di nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce.
  • Trials clinici
  • Progetti di Rete all’interno degli Istituti Virtuali per le Neuroscienze, PARKNET voltoi ad armonizzare la raccolta dei dati, le metodiche diagnostiche e la ricerca.

Progetti attivi

Prevenire il Parkinson, tra stress cellulare e genetica
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Contatti e approfondimenti

Dott. Alessio Di Fonzo