SLA: identificato il ruolo di un gruppo specifico di microRNA come possibile responsabile del meccanismo patologico

Un recente studio, pubblicato sulla rivista Cellular and Molecular Life Sciences e condotto da due giovani ricercatrici la Dr.ssa Mafalda Rizzuti e la Dr.ssa Valentina Melzi, del gruppo della Prof.ssa Stefania Corti del “Centro Dino Ferrari” (Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico), in collaborazione con i laboratori della Prof.ssa Valentina Bollati dell’Università degli Studi di Milano e del Prof. Philip Van Damme dell’Università di Leuven, ha identificato il ruolo di uno specifico gruppo di microRNA (miRNA) come possibile meccanismo patologico della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).

I miRNA sono piccole molecole di RNA non codificante che sembrano avere un ruolo fondamentale in quasi tutti i processi biologici. Negli ultimi anni, numerosi studi hanno messo in luce l’importanza dei miRNA nella regolazione dei meccanismi patologici che sono alla base delle malattie neurodegenerative come la SLA, per le quali ad oggi non esiste ancora una cura efficace.

Gli autori di questo lavoro supportato dalla Fondazione ARISLA, hanno identificato un cambiamento dei livelli dei miR-34a, miR-335 e miR-625 in diversi modelli della malattia disponibili in laboratorio e nel liquido cerebrospinale di pazienti con SLA sporadica e familiare. Questi miRNA sono espressi prevalentemente nei neuroni, dove controllano la crescita ed il differenziamento dei neuriti, e sono pertanto coinvolti nella regolazione di alcuni dei processi biologici associati alla SLA. I ricercatori hanno inoltre dimostrato che l’analisi dei miRNA nel liquido cerebrospinale dei pazienti SLA potrebbe rappresentare uno strumento promettente per definire la classificazione, la prognosi e la progressione della malattia.

Questi risultati dimostrano che l’analisi di miRNA eseguita simultaneamente in diversi campioni biologici umani potrebbe essere uno strumento promettente per comprendere le cause della SLA.

I dati incoraggianti ottenuti in questo studio potrebbero essere utili per sviluppare nuove strategie terapeutiche per la diagnosi e la cura della SLA, in prospettiva di una futura traslabilità clinica.

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