La lesione midollare rappresenta una tra le più drammatiche patologie che possano colpire l’uomo, a causa della grave disabilità che ne consegue e, soprattutto, per la drastica repentinità che quasi sempre caratterizza l’esordio generato da un evento traumatico. Le lesioni spinali sono la prima causa di invalidità in Italia e, dal punto di vista assistenziale, sono una delle sfide più impegnative cui deve far fronte il sistema sanitario.
Il midollo spinale, contenuto all’interno della colonna vertebrale, è la via di comunicazione che permette di portare le informazioni dal cervello alle zone periferiche del corpo. Il midollo spinale è composto dalle fibre nervose motorie in uscita o discendenti e da quelle sensoriali in ingresso o ascendenti.
Le lesioni midollari possono essere complete o incomplete a seconda che ci sia la perdita, totale o parziale, di tutte le funzioni situate al di sotto della lesione , a causa dell’interruzione delle vie ascendenti e discendenti che collegano il midollo spinale al cervello. Clinicamente, nel primo caso non si avrà alcuna funzione motoria o sensitiva al di sotto della lesione, ed in fase acuta gli arti saranno flaccidi, i riflessi osteo-tendinei saranno assenti e mancherà la motilità degli sfinteri; mentre nel secondo caso saranno ancora presenti dei segni di funzionalità midollare residua e la prognosi sarà migliore. Il principale problema legato a questo tipo di danno è l’assoluta mancanza di rigenerazione dei tratti implicati nella lesione, con conseguente formazione di tessuto cicatriziale fibroso che rende del tutto impossibile la riformazione dei tratti nervosi lesi. Le conoscenze scientifiche su questa patologia sono aumentate in maniera esponenziale negli ultimi due decenni, ma ancora non si è trovata una soluzione risolutiva al problema principale: come rigenerare gli assoni interrotti o danneggiati e far riguadagnare la funzione (motoria, sensitiva, anatomica) sotto il livello della lesione.
Ad oggi non esiste un trattamento per recuperare le funzioni perdute, ma solo delle terapie volte a prevenire ulteriori danni nella fase acuta (metilprednisolone e chirurgia decompressiva) e a rendere i pazienti il più possibile indipendenti e attivi (terapia riabilitativa e apparecchiature che assistono il paziente nei gesti quotidiani), sebbene il completo recupero sia raro.
La morte cellulare è una conseguenza inevitabile dopo una lesione spinale traumatica, sebbene sia noto che all’interno del midollo spinale dell’organismo adulto sono contenute cellule staminali/progenitori, chiamate neural precursor cells (NPCs), responsabili del normale turnover delle cellule del sistema nervoso, con un’attività proliferativa però troppo limitata per poter dare origine a una significativa riparazione del tessuto danneggiato a seguito della lesione spinale. Di conseguenza sono state sperimentate molteplici strategie di trapianto in modelli animali di lesione.
Negli ultimi anni sono stati anche prodotti diversi tipi di guide sia biologiche che sintetiche finalizzate ad una maggiore adesione e proliferazione delle cellule staminali ad esse combinate.
L’ingegneria tessutale, attraverso l’impiego di scaffolds, fattori di crescita, cellule staminali autologhe, può rappresentare un approccio moderno sia di tipo sperimentale che clinico. L’uso dei fattori di crescita (GF) di origine piastrinica possiede il vantaggio, in quanto sostanza di derivazione umana, di evitare la comparsa di effetti collaterali quali possibili allergie o intolleranze, promuovendo repentinamente la formazione di un coagulo ben aderente ai tessuti, riassorbibile nell’arco di pochi giorni e stimolando i processi riparativi, la vascolarizzazione e la crescita dei tessuti lesi su cui é applicato.