Malattia di Alzheimer e forme ereditarie: non sempre l’esordio è in età precoce

La malattia di Alzheimer rappresenta la piú comune causa di demenza, porta con sé un alto costo socio-economico e ha forti ripercussioni sulla qualitá di vita di pazienti e familiari. Nonostante i notevoli progressi della ricerca sull’Alzheimer, ad oggi non esiste ancora una terapia curativa, poiché i meccanismi patogenetici di questa complessa malattia rimangono in larga misura ignoti. Un importante modello per lo studio della patogenesi della malattia di Alzheimer é rappresentato dalle cosiddette varianti genetiche. In una minoranza di pazienti, la malattia si sviluppa infatti su base ereditaria, e ricorre in maniera consistente ed in etá precoce in piú membri della stessa famiglia. Il gene piú frequentemente mutato in queste forme ereditarie é quello della “presenilina 1” (PSEN1), per il quale sono state descritte piú di 140 diverse mutazioni, piú o meno rare. Una caratteristica comune alla maggioranza delle mutazioni in PSEN1 é l’etá di insorgenza precoce, con un’esordio medio della malattia all’etá di 43 anni.

Questo studio, condotto dalla Dott.ssa Marta Scarioni e dal team del Prof. Scarpini e della Dott.ssa Galimberti, riguarda proprio una di queste mutazioni del gene PSEN1, chiamata “R377W. Questa variante, piuttosto rara, era stata descritta fino ad oggi solo in due altri pazienti, di cui uno proprio in Italia (Borroni et al. Neurol Sci 2012;33:375-378). La Dott.ssa Scarioni e il team di ricercatori hanno descritto di recente le caratteristiche cliniche, genetiche e radiologiche di una terza paziente portatrice della mutazione. In questo articolo, pubblicato su European journal of Neurology, gli autori hanno per la prima volta visualizzato in vivo la patologia cerebrale legata alla mutazione PSEN1 R377W, grazie a una PET con speciali traccianti in grado di mostrare le placche di amiloide che si accumulano nel cervello dei malati di Alzheimer.

“Questo studio” sottolinea la Dott.ssa Scarioni “é stato possibile grazie al prezioso contributo della paziente e dei suoi familiari, che ci hanno aiutato a ricostruire l’albero genealogico della famiglia, e ad analizzare le caratteristiche della malattia che ricorrevano nei membri della famiglia. Grazie a questo racconto, é stato possibile porre il sospetto di una forma ereditaria di malattia di Alzheimer, che altrimenti non sarebbe stato così ovvio, visto che i sintomi della paziente erano atipici e che l’esordio di malattia non era classificabile come “precoce”. La caratteristica che piú ha colpito i ricercatori quando hanno scoperto che la paziente era portatrice di una mutazione in PSEN1 é stata proprio l’etá di esordio di malattia, piú tardiva nella rara forma R377Wche nelle altre mutazione dello stesso gene.

Secondo il prof Scarpini, “le forme ereditarie di Alzheimer rappresentano per la ricerca un’opportunitá unica per studiare le alterazioni patogenetiche alla base della malattia e quindi accelerare la scoperta di terapie specifiche”.“Questa osservazione” spiega la Dott.ssa Galimberti “ci ha fatto giungere alla conclusione che lo studio della genetica nei pazienti con sospetta malattia di Alzheimer non andrebbe riservato solo alle forme “tipiche” e a esordio preoce, ma andrebbe anzi il piú possibile esteso a tutti i pazienti con forte sospetto di ereditarietá, proprio per identificare anche queste mutazioni piú rare e “atipiche”.

Eur J Neurol. 2020 Sep 7. doi: 10.1111/ene.14506. Online ahead of print.

Late-onset presentation and phenotypic heterogeneity of the rare R377W PSEN1 mutation

Marta ScarioniAndrea ArighiChiara FenoglioFederica SorrentinoMaria SerpenteEmanuela RotondoMatteo MercurioGiorgio MarottaAnke A DijkstraYolande A L PijnenburgElio ScarpiniDaniela Galimberti

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