Ogni anno, il 30 maggio si celebra la Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla, malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale che interessa globalmente circa 2.5 milioni di persone, tra adulti e bambini.
Per l’occasione, alcuni dei nostri esperti hanno risposto ad alcune domande, con l’obiettivo di fare chiarezza su alcuni aspetti che caratterizzano la malattia e contribuire a diffondere una maggiore conoscenza sul tema.
Guarda il video e leggi l’articolo per scoprire tutte le loro risposte.
LA SCLEROSI MULTIPLA: SINTOMI E DECORSO
Risponde la Dott.sa Anna Pietroboni, neurologa
Come si manifesta la sclerosi multipla e quali sintomi / disturbi la caratterizzano?
I sintomi principali della malattia sono estremante variabili, in quanto dipendono dalla localizzazione delle placche. Possono pertanto coinvolgere la vista (offuscamento o sdoppiamento), i movimenti (difficoltà a svolgere e a sostenere attività anche usuali, perdita di forza muscolare, sensazione di affaticamento), la coordinazione (mancanza di equilibrio, difficoltà nel cammino), le sensazioni corporee (formicolii, sensazione di intorpidimento degli arti, difficoltà a percepire il tatto oppure il movimento, oppure il caldo e il freddo).
Qual è il decorso della SM? Si può prevedere?
Nel 90% dei casi, la malattia ha un andamento definito recidivante-remittente (SM-RR), caratterizzato da attacchi e remissioni. Le ricadute spesso comprendono uno o più dei sintomi elencati in precedenza, di severità variabile. I sintomi devono durare almeno un giorno e generalmente migliorano fino ad un recupero completo (fase di remissione). Nel tempo, l’andamento recidivante-remittente può trasformarsi in una fase detta secondariamente progressiva, caratterizza da pochi attacchi e da un graduale ma progressivo aumento della disabilità. Vi è inoltre una forma più rara, chiamata primariamente progressiva, caratterizzata da una generale assenza di attacchi già all’inizio e da una disabilità progressivamente ingravescente.
Il decorso della SM è altamente imprevedibile e ancora oggi non esistono biomarcatori affidabili in grado di prevederne l’andamento, in particolare la comparsa e/o l’incremento della disabilità. Benché la maggior parte dei pazienti con SM-RR sia libera da attività di malattia tra una ricaduta e l’altra, una percentuale di tali pazienti va ugualmente incontro a una progressione dei disturbi indipendentemente dalle recidive. Tale fenomeno viene chiamato Progression Independent of Relapse Activity (PIRA) o progressione silente.
Che cos’è la progressione silente?
Con progressione silente si intende un certo grado di peggioramento clinico presente nelle persone con SM-RR, in gran parte indipendente non solo dalle ricadute cliniche ma anche dalla formazione di nuove lesioni alla risonanza magnetica cerebrale, che si accumula in modo talmente insidioso da impedire un giusto inquadramento del paziente che rimane spesso classificato per lungo tempo nella forma SM-RR. Gli ultimi studi suggeriscono che tale fenomeno dipende principalmente da processi determinanti un danno tissutale globale, come il danno assonale diffuso nella sostanza bianca e il danno neuronale diretto nella sostanza grigia.
Si può identificare? Come?
La progressione silente di malattia è in gran parte indipendente dai parametri convenzionali di RM, quali il carico lesionale nelle sequenze pesate in T2, i buchi neri nelle sequenze pesate in T1 o le lesioni captanti il gadolinio. Migliori indicatori sembrano invece essere l’atrofia cerebrale e in particolare quella talamica, la presenza di placche nella sostanza grigia (le lesioni corticali focali), e le lesioni che nelle sequenze basate sulla suscettività magnetica presentano un caratteristico orletto paramagnetico, espressione dell’attivazione microgliale che determina un’infiammazione cronica attiva, chiamate paramagnetic rim lesions (PRLs).
LE ALTERAZIONI COGNITIVE NEI PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA
Risponde la Dott.sa Tiziana Carandini, neurologa
Cosa sono le alterazioni cognitive nei pazienti con Sclerosi Multipla e come si manifestano?
Le alterazioni cognitive sono delle difficoltà in alcune funzioni cerebrali, quali la memoria, l’attenzione, la concentrazione, la pianificazione o la percezione visuospaziale che interessano fino al 65% dei pazienti con sclerosi multipla. Tali disturbi possono essere presenti in tutte le fasi di malattia, comprese quelle iniziali, anche se sono più frequenti nelle forme progressive e nei soggetti con disabilità clinica. In alcuni pazienti, le alterazioni cognitive possono rappresentare l’unica manifestazione clinica della sclerosi multipla. Nella maggior parte dei casi, le alterazioni cognitive sono molto lievi e solo raramente arrivano a compromettere l’indipendenza del paziente, ma la loro presenza può rendere più difficoltoso il lavoro e complicare le attività abituali della vita quotidiana; possono diventare causa di stress per il paziente, con necessità di mettere in atto delle strategie di compenso.
Come possono essere riconosciute e monitorate le alterazioni cognitive nei pazienti con sclerosi multipla?
I deficit cognitivi possono essere identificati tramite una valutazione approfondita eseguita da un neuropsicologo che esegue vari test finalizzati a studiare le diverse funzioni cognitive (memoria, linguaggio, attenzione, capacità esecutiva, riconoscimento delle emozioni, funzioni visuo-spaziali, ecc). Il neuropsicologo esegue in prima battuta dei test standard, ma può decidere di aggiungere delle prove personalizzate, sulla base dei sintomi riportati dal paziente. La durata della valutazione è di circa un’ora. I punteggi ottenuti dal singolo paziente vengono in seguito confrontati con dei punteggi “normali” di riferimento, tenendo conto dell’età e del livello di istruzione del soggetto. Gli stessi test andrebbero ripetuti nel tempo per monitorare l’evoluzione del problema cognitivo a distanza. Accanto alla valutazione neuropsicologica, è sempre importante identificare un sottostante disturbo di depressione o ansia nel paziente, in quanto queste condizioni possono influire negativamente sulle funzioni cognitive.
Come si sta impegnando il nostro Centro in merito?
Il nostro Centro offre la possibilità di eseguire una valutazione neuropsicologica, qualora ci sia il sospetto di un disturbo cognitivo, riferito dal paziente o notato dal Neurologo. Inoltre, sono in corso studi per mettere a punto test specifici, in grado di valutare con precisione alcune funzioni cognitive, quali il riconoscimento delle emozioni e la cognizione sociale.
Accanto all’attività assistenziale, il nostro Centro sta conducendo studi di risonanza magnetica quantitativa, che utilizzano tecniche avanzate quali la trattografia o l’analisi strutturale volumetrica, per studiare le correlazioni tra i deficit cognitivi e le strutture cerebrali danneggiate dalla sclerosi multipla. Lo scopo di questi studi è finalizzato a trovare le anomalie anatomiche alla base dei deficit cognitivi, in modo da sviluppare potenziali trattamenti riabilitativi.
LE PRINCIPALI NOVITÀ NELLA TERAPIA DELLA SCLEROSI MULTIPLA
Risponde il Dott. Mattia Pozzato, Specializzando in neurologia
Negli ultimi anni come è cambiato l’approccio terapeutico nei confronti dei pazienti con sclerosi multipla?
Attualmente il consenso comune nella gestione dei pazienti affetti da sclerosi multipla è quello di iniziare un trattamento il più precocemente possibile. Un trattamento precoce ha diverse implicazioni: in primis permette di evitare l’accumulo di disabilità conseguente alle ricadute, inoltre permette di ritardare il passaggio da una forma di sclerosi multipla caratterizzata da ricadute e remissioni ad una forma secondariamente progressiva, per la quale purtroppo al momento abbiamo meno strategie terapeutiche. Trattamento precoce vuol dire anche effettuare una diagnosi accurata e tempestiva di malattia, motivo per cui i criteri diagnostici della malattia sono in continua revisione per poter offrire al maggior numero di pazienti possibile una terapia adeguata e tempestiva, in particolare qualora siano presenti fattori associati ad una prognosi meno favorevole.
Tutto questo, insieme ai progressi della ricerca nel capire il meccanismo patogenetico della malattia e al costante sviluppo di nuove terapie che sono ora sono disponibili, ci sta conducendo ad una personalizzazione del trattamento della sclerosi multipla nei confronti del singolo paziente, sulla base delle specifiche caratteristiche di malattia. La vera sfida per il futuro sarà quella di trovare un modo per personalizzare ulteriormente la scelta della terapia dei pazienti con sclerosi multipla e monitorarne l’efficacia, mediante l’utilizzo di biomarcatori radiologici, liquorali, sierologici o ottenuti da altri fluidi biologici del paziente.
Quali sono le nuove terapie disponibili per la sclerosi multipla recidivante remittente?
La Sclerosi Multipla recidivante remittente è la forma più classica di malattia ed è caratterizzata da episodi acuti (‘ricadute’) alternati a periodi di completo o parziale benessere (‘remissioni’). Si tratta della forma di malattia che meglio risponde alle terapie, quindi negli ultimi anni c’è stata una forte spinta della ricerca per trovare dei nuovi farmaci a disposizione.
Uno di questi è Ofatumumab (Kesimpta), un anticorpo monoclonale umano somministrato per via sottocutanea approvato nel 2021, che che si lega in maniera specifica alla proteina CD20 presente sulla superficie dei linfociti B, determinandone la lisi e quindi riducendo l’attività infiammatoria da essi determinata.
Un altro è Ozanimod (Zeposia), un farmaco somministrato per via orale approvato nel 2021, che agisce, analogamente ad un farmaco storico usato nel trattamento della SM (Fingolimod), legandosi selettivamente ad alcuni sottotipi del recettore della sfingosina-1-fosfato (S1P); questo legame determina una riduzione della migrazione dei linfociti nel sistema nervoso centrale e di conseguenza l’infiammazione responsabile delle lesioni della malattia.
Sono attualmente in corso una serie di trials farmacologici volti all’approvazione di nuove terapie, tra cui un gruppo di farmaci che si legano selettivamente ad una molecola espressa dai linfociti B che si chiama tirosina chinasi di Bruton. Un altro farmaco è Ponesimod il quale è in attesa del riconoscimento della rimborsabilità del farmaco da parte di AIFA.
Quali sono le nuove terapie disponibili per le forme progressive di Sclerosi Multipla?
Quando si parla di sclerosi multipla progressiva bisogna fare una distinzione tra SM secondariamente progressiva, cioè quella forma di malattia in cui dopo una prima fase classica con recidive e remissioni di malattia si ha un peggioramento progressivo della disabilità in assenza di nuove ricadute, e SM primariamente progressiva in cui già dall’esordio il paziente ha un progressivo e graduale peggioramento della disabilità in assenza di vere e proprie ricadute o remissioni.
Siponimod (Mayzent) è un farmaco orale approvato nel 2020 per il trattamento della forme secondariamente progressive di SM con malattia attiva evidenziata da recidive cliniche o radiologiche. Il farmaco agisce analogamente a Fingolimod e Ozanimod legandosi al recettore della sfingosina-1-fosfato (S1P), impedendo ai linfociti di uscire dai linfonodi e diminuendo quindi il numero dei linfociti circolanti che possono raggiungere il sistema nervoso centrale per aggredirlo.
Ocrelizumab (Ocrevus) è un farmaco per via endovenosa, ampiamente usato per il trattamento di pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante remittente, che è stato approvato anche per le sclerosi multipla primariamente progressiva con caratteristiche radiologiche tipiche di attività infiammatoria. Il farmaco è un anticorpo monoclonale umanizzato e agisce legandosi alla molecola CD20 espressa dai linfociti B, determinandone la lesi e quindi riducendone il numero e l’attività.
L’IMPORTANZA DELLA RICERCA DI BIOMARCATORI SU LIQUOR E SANGUE NELLA SCLEROSI MULTIPLA
Risponde il Dott. Stefano Floro, Neurologo
Da cosa nasce la necessità di trovare dei biomarcatori associabili alla patologia della Sclerosi Multipla?
La risonanza magnetica (RM) ha da sempre avuto un ruolo fondamentale nella diagnosi, follow-up e valutazione della risposta alle terapie nella Sclerosi Multipla. Il suo utilizzo nella pratica clinica ha consentito una migliore valutazione qualitativa e quantitativa, dal punto di vista macroscopico, delle lesioni demielinizzanti e dell’atrofia corticale, e ciò è progressivamente stato perfezionato grazie soprattutto al miglioramento della metodica stessa. Tuttavia, l’imaging possiede dei limiti rilevanti in termini di specificità, correlazione con i dati clinici e costi tuttora elevati; da ciò nasce la necessità di biomarcatori di facile utilizzo ed a basso costo, quantificabili nei principali liquidi biologici ed adatti al monitoraggio della malattia nel tempo.
Quali sono i principali biomarcatori attualmente in studio nella Sclerosi Multipla?
Ad oggi la letteratura scientifica ha proposto due principali tipologie di biomarcatori su liquor e siero: infiammatori e morfostrutturali. Al primo gruppo appartengono molecole come ad esempio le citochine, le quali vengono rilasciate da numerose cellule come ad esempio macrofagi, linfociti, mastociti e cellule residenti nel SNC (come, ad esempio, le cellule endoteliali e della macroglia) e possiedono effetti pleiotropici sulla comunicazione ed interazione tra i diversi protagonisti dell’infiammazione. Numerose evidenze correlano i loro livelli elevati con la fase attiva e la progressione nella Sclerosi Multipla.
Al secondo gruppo appartengono molecole di natura proteica come, ad esempio, i neurofilamenti a catena leggera, i quali, in quanto importanti costituenti degli assoni mielinici, sono rilasciati nel fluido cerebrospinale a seguito di un danno assonale e si propongono pertanto come possibili biomarcatori di neurodegenerazione.
Quali sono ad oggi i principali limiti nell’utilizzo di tali biomarcatori nella pratica clinica?
Nonostante numerosi studi siano stati condotti con lo scopo di cercare un biomarcatore nei principali liquidi biologici nella SM, nessuno di questi ad oggi sembra caratterizzare in maniera ben definita l’evoluzione della malattia. Per ciò che concerne le citochine, il limite principale risiede nella bassa specificità dei meccanismi di azione all’interno dei processi infiammatori della malattia.
Riguardo ai marcatori neuroassonali (neurofilamenti leggeri) vi sono dati ancora troppo limitati in merito a quanto la correlazione con livelli aumentati nel liquor o nel siero si mantenga nel corso del tempo e nelle diverse fasi della malattia. I dati in letteratura sono pertanto ancora troppo limitati per poter standardizzare il loro utilizzo nella pratica.
APPROCCI INTEGRATIVI ALLA TERAPIA FARMACOLOGICA: DIETA ED ESERCIZIO FISICO
Risponde la Dott.sa Milena De Riz, Neurologa
Qual è il contributo della flora batterica intestinale nella genesi della SM?
Il microbiota intestinale comprende un enorme numero di batteri che contribuiscono a varie funzioni dell’organismo ed è influenzato dallo stile di vita. È costituito principalmente da Bacteroidetes, Firmicutes, Proteobacteria e Actinobacteria. Nella sclerosi multipla sembra presente una variazione della composizione del microbiota dell’intestino, ovvero una disbiosi. In particolare, è stato osservato che le persone con sclerosi multipla, rispetto ai controlli sani, mostrano una diminuzione numerica dei batteri del genere Parabacteroides e di Bacteroides stercis, Bacteroides coprocola, Bacteroides coprophilus e Provotella copri. Inoltre, è stata osservata una riduzione di alcune famiglie appartenenti all’ordine dei Clostridia, dei generi Sutturella e Haemophilus, Aldercreutzia e Collinella. Al contrario, è stato registrato un aumento nei seguenti generi: Blautista, Dorea e Streptococcus thermophilus, Pedobacteria e Flavobacterium, Pseudomonas e Mycoplana e Eggerthella.
La riduzione degli acidi grassi a catena corta e l’aumento dello stress ossidativo indotti da tale squilibrio del microbiota, correlano con il mantenimento di un assetto pro-infiammatorio e del l’autoimmunità alla base della SM.
Qual è l’impatto dell’alimentazione nella modulazione della flora batterica intestinale e nella cura della SM?
Il tipo di dieta influenza la composizione del microbiota intestinale e quindi la produzione di molecole pro o antinfiammatorie. Le diete dei paesi occidentali, ricche di carne, grassi, zuccheri complessi, rispetto a quelle di quelle di matrice orientale, sono più promuoventi l’infiammazione.
Introdurre nella dieta un maggior contenuto di verdura e frutta, olio extravergine di oliva, pesce azzurro e prediligere farine integrali e cereali in chicco o cereali alternativi alla farina 00, ridurre sale e zucchero bianco e alimenti dell’industria (ricchi di fruttosio) favorisce i batteri produttori di acidi grassi a catena corta che svolgono una funzione antinfiammatoria. Questo è un comportamento che può’ potenziare l’azione delle terapie disease modifying e quindi educare il sistema immunitario ad essere meno aggressivo.
I probiotici di yogurt e kefir rispetto al latte e formaggi (con più grassi e caseina ad alto potere infiammatorio) sono da prediligere ed anche un integratore di vitamina D è consigliato come regolatore dei meccanismi antinfiammatori.
Perché l’esercizio fisico è utile e quali attività possono essere consigliate ai pazienti SM?
L’attività fisica mantiene elasticità e tono muscolare e potenzia i meccanismi di plasticità cerebrale di compenso. Va tenuto conto del fenomeno fatica e perciò deve essere graduale, regolare e personalizzata. Esercizi in assenza di gravità e senza surriscaldamento sono da consigliare, ad esempio nuoto e ginnastica in acqua. Pilates, yoga, cammino all’aperto e nordic walking abbinano una componente fisica e meditativa, perciò regolano anche lo stress e i meccanismi adattativi.